Sta seduta allo Starbucks dell'aeroporto di Amsterdam, posa
sul tavolo un peluche portachiavi, cinquantun'anni e una tazza di caffè. Fissa
la sua tazza di caffè e ci infila lo sguardo talmente dentro da far pensare che
non lo tirerà mai più fuori. La Patrizia la chiamano tutti Patty, praticamente
da sempre, fin da quando era una bambina bionda che andava sempre in giro con
una gallina di peluche che chiamava Gallina (beh oddio, all'inizio si chiamava
Gaiina). Ormai è passato qualche anno da quando ha cominciato ad odiare il suo
principe ed ha cominciato solo a piangere, odiare, ed odiarsi. Lei si era
sempre sentita la sua principessa, era sempre stata al centro dei suoi
pensieri, sapeva di avere sempre il suo principe pronto a correre a salvarla
sul bianco Pony, già, un Pony, perché alla Patty da piccola piacevano i Pony, i
cavalli seri le erano sempre sembrati troppo grandi e non aveva mai avuto un
peluche di un cavallo vero, quindi il suo principe arrivava sul bianco Pony.
Poi arrivò il 16 marzo 1984. Da qualche tempo la Patty aveva trovato un altro
principe, e tenuto sempre più lontano il primo, che non riusciva ad accettare
di perdere la sua principessa. La Patty ormai non voleva più suo padre come
principe sul Pony, si era trovata il suo Principe Azzurro sul bianco destriero
e si sentiva di volare. Fu quel 16 marzo che il Principe Azzurro sparì, una
lettera, roba da non crederci oggi... "Credo che abbia ragione tuo padre,
addio, ti amerò per sempre". Cazzo, conciso il ragazzo, con quello che
costavano i francobolli poteva sforzarsi di più. E' da allora che la Patty ha
bisogno di un principe, non le interessa più il colore, o il cavallo, chiama
principe chi le sorrida tre volte di fila e le parli di peluches; ne ha
conosciuti tanti, ed è stata la principessa di tutti, o meglio ha detto, prima
di tutto a se stessa, di esserlo stata. La principessa di tutti, o la
principessa di nessuno, il confine lo sente più labile che mai. E' oggi, in
quel caffè, che rivede se stessa e realizza di non averlo mai cercato, dopo
quel 16 Marzo 1984, ma di aver solo chiamato "principe" un passante
dietro l'altro, e di non aver mai voluto essere una principessa, ma solo di
averlo detto, di esserselo detto, solo di aver cercato di farla pagare ai suoi
due principi, quelli che le hanno creato quel grande vuoto: quello che ha
cacciato il Principe Azzuro, e il Principe Azzurro che non ha lottato per lei.
Si sentiva rasserenata nella vendetta, a chiamare principe chiunque
incontrasse, a sbatterlo in faccia a quelli che sapeva essere gli unici due a
poterla far essere una principessa ma che non l'avevano voluto fare. Posa il
cucchiaino e si chiede se invece non avessero potuto. Beve un altro sorso di
caffè e pensa che forse non erano riusciti. Alza lo sguardo verso il tramonto
e, a cinquantun'anni, si rassegna all'idea di essere stata lei ad averglielo
impedito.
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