La catena salta rapida sul 39 con la tranquillità che solo
chi non abbia fretta le può concedere, rapida e netta proprio come la vite
lascia il posto al grano che, verde di un verde tanto vivo che sembra di vederlo
crescere, forse solo oltre la collina lascerà il posto a qualche altro colore.
Il nastro nero di asfalto ha salutato da un pezzo le strisce bianche che quasi
sempre lo scortano ovunque cerchi di sfuggire loro e si accompagna ora con il
verde di un'erba incolta e ribelle che la stagione piovosa ha reso
particolarmente intraprendente; piega verso sinistra e continua a salire
dolcemente e mentre accetta la breve ospitalità di un boschetto di lecci
introduce la sommità della nuova collina, dove il marrone intenso del campo
appena arato fa da altare ai due filari di cipressi che, sul crinale, si
stagliano netti, forti del loro verde scurissimo sul cielo che nei suoi azzurri
e celesti parla di due stagioni che ancora non si sono passate il testimone.
Scollina, lo accolgono poche nuvole del bianco del latte, un
sole tiepido, un cielo che dall'azzurro intenso dello Zenit arriva fino al
celeste indefinito dell'orizzonte, lo accolgono un laghetto e le piante che
silenzioso abbevera, lo accoglie un oliveto che aggiunge i propri grigi e i
propri verdi ad una tavolozza già incredibilmente complessa, lo accoglie uno
scenario tanto nuovo e sorprendente quanto familiare e rassicurante, lo
accoglie il suo nastro nero.
La
catena torna sul 53, questa volta con maggiore impegno; si alza sui pedali e
rilancia, una goccia gli solca il viso e non importa se non è sudore, per la
prima volta dopo tanto tempo è sereno; pedala.
Nessun commento:
Posta un commento