Accavalla distrattamente le gambe mentre voltandosi di lato
lascia intravedere sul tavolo un astuccio rosso ineludibilmente più vezzoso che
funzionale.
Non è interessata a quella voce, che appare più lontana di
quel che è, che racconta senza passione storie già senza storia. Non è
interessata ma prende appunti con la frenesia di chi non possa farne a meno,
una frenesia tanto incomprensibile quanto inconciliabile con il distratto e
naturale linguaggio del corpo.
Lascia piccoli disegni sul banco; una linea dopo l'altra
prende vita un buffo personaggio che ricorda neanche troppo da lontano quei
personaggi macrocefali dei cartoni animati giapponesi e indossa una sciarpa
uguale a quella della sua creatrice, ma la indossa con un'allegria che a lei
non appartiene.
Che
proietti su quel buffo alter ego il desiderio di quella spensieratezza cui non
riesce ad abbandonarsi? Forse ricorda sé stessa in un passato che evoca
rimpianti; forse rimorsi. Sempre che non sia semplicemente annoiata, come chi
scrive di lei senza riuscire a prestare attenzione ad una voce, che appare più
lontana di quel che è, che racconta senza passione storie già senza storia.
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